Creatore del catalano come lingua letteraria e scientifica, Raimondo Lullo è nato a Maiorca, terra di incrocio di tradizioni cristiane, musulmane ed ebraiche. Scritto da vari copisti nel sec. XIV, il CB 109 raccoglie le opere filosofiche e teologiche del grande pensatore catalano. Il manoscritto è arricchito da tavole e diagrammi.
Online dal: 21.12.2009
John Lydgate redige il Troy Book intorno al 1412-1420 su richiesta di Enrico V, quando era ancora principe di Galles. È composto in distici, con un prologo, cinque libri, un epilogo e una dedica a Enrico V, così come un envoi intitolato «Verba auctoris». Lydgate tradusse in inglese la storia della guerra di Troia, non direttamente da Omero, ma attraverso le rielaborazioni di Benoit de Sainte Maure, Roman de Troie (1165) e Guido delle Colonne, Historia Destructionis Troiae (1287).
Online dal: 18.06.2020
Il Commento al sogno di Scipione di Macrobio, estratti della Storia naturale di Plinio il Vecchio e dal De institutione musica di Boezio sono riuniti in questo manoscritto su pergamena del X secolo. I diagrammi rappresentanti la Terra o le costellazioni astrali rendono questo documento particolarmente interessante.
Online dal: 31.07.2007
Maria di Francia, la scrittrice del XII secolo autrice dei celebri Lais, ha composto una raccolta di favole ereditate dalla tradizione esopica. Nel manoscritto conservato dalla Fondazione Martin Bodmer, ricopiato direttamente da un manoscritto della Biblioteca nazionale di Francia, le 101 favole sono accompagnate da sei fabliaux, in cui certi passaggi audaci sono stati erasi.
Online dal: 31.07.2007
Il codice, vergato in scrittura umanistica, contiene gli Epigrammata di Marziale (ca. 40-ca. 102), in dodici libri, seguiti da due testi conclusivi abitualmente presenti Xenia e Apophoreta. Manca il primo foglio del manoscritto, e qualche epigramma è stato aggiunto, probabilmente alla stessa epoca, da una mano diversa rispetto a quella del copista principale (41v, 105v, 132r, 133v, 136v). In assenza della pagina col titolo, la decorazione si limita ad una serie di iniziali realizzata da due diversi artisti, le une a bianchi girari, le altre ornate di intrecci annodati su fondo oro, chiamati talvolta «a cappio annodato». Ogni epigramma è introdotto da una semplice iniziale dipinta in blu. Prodotto verso la metà del XV secolo in Italia del Nord, il codice à attestato in Francia dal XVIII sec., nelle mani della famiglia de Jarente de Sénas, poi presso Ambroise Firmin-Didot. Nel corso dell XIX sec. ha cambiato più volte proprietario prima di entrare nella collezione di Martin Bodmer.
Online dal: 22.03.2018
Questo manoscritto greco, copiato su carta e datato per sottoscrizione al 1561, riunisce tre trattati sulla guerra. Due trattati bizantini, lo Strategicon, attribuito all'imperatore Maurizio (VI sec.) e il De velitatione bellica attribuito all'imperatore Niceforo II Foca (X sec.), precedono l'Apparatus bellicus attribuito a Giulio Africano, nato a Nicopoli.
Online dal: 02.06.2010
Solo il CB 116, tra i 19 manoscritti e frammenti conservati, tramanda nella loro interezza le Prophesies de Merlin (Profezie di Merlino) in prosa. Esso testimonia in particolare l'ampiezza che nell'economia complessiva dell'opera assumono gli episodi arturiani.
Online dal: 25.03.2009
Tràdito all'incirca da una quarantina di manoscritti, il Nibelungenlied ha conosciuto durante il Medioevo un successo duraturo, come testimonia il CB 117 (“manoscritto di Maihingen”), trascritto nel XV secolo da tre scribi. Vi compaiono brevi compendi delle prime cinque avventure; sono invece assenti un centinaio di strofe supplementari. Completa il volume il Lamento (Die Klage), che fa seguito alla brusca fine del Canto e narra la sepoltura dei morti, l'incoronazione di Gunther e del figlio di Brunilde.
Online dal: 25.03.2009
I due testi, De rebus bellicis (cc. 5r-17v) e Notitia dignitatum (cc. 19r-94r), riuniti in questo manoscritto, risalgono all'Antichità e presentano rispettivamente le macchine da guerra utilizzate dall'esercito romano nel primo caso, e l'organizzazione militare del Basso Impero nelle sue parti occidentali e orientali, nell'altro. Già in origine sono stati concepiti, tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, con delle illustrazioni; la più antica copia conosciuta, risalente alla fine del IX e all'inizio del X secolo, era conservata nella biblioteca della cattedrale di Spira (di cui oggi rimane un solo foglio). Questa copia fu presa in prestito nel 1436 dal cardinale Pietro Donato mentre si trovava al concilio di Basilea dove furono realizzate almeno due copie, miniate da Péronet Lamy (Oxford, Bodleian Library, Ms. Canon. Misc. 378; Parigi, BnF, lat. 9661). Il manoscritto della Fondazione Bodmer ne costituisce una nuova riproduzione, almeno di un secolo più tardiva, che potrebbe essere servita all'edizione di questi due testi, immagini comprese, realizzata da Sigismundus Gelenius e pubblicata da Froben a Basilea nel 1552.
Online dal: 10.12.2020
Il manoscritto contiene la trascrizione di una serie di documenti che si riferiscono direttamente o indirettamente al baliaggio di Neuamt nel Canton Zurigo. È composto di tre distinte parti – una in pergamena (cc. 1-27) e due in carta (cc. 28-39 e 40-47) – che probabilmente vennero rilegate insieme nel 1548, come risulta dalla data impressa sulla coperta anteriore. I testi raccolti risalgono ad un arco di tempo che va dal 1538 alle aggiunte del 1604, tranne un documento del 1461 (36r-38v).
Online dal: 04.10.2018
Questo manoscritto, copiato nella Sicilia normanna, contiene il Commento al Cantico dei Cantici di Origene, nella versione tradotta dal greco in latino da Rufino di Aquileia (versi 345-verso 411) comprendente i primi quattro libri sugli iniziali dieci che il testo di Origene doveva contare. É preceduto da un prologo di s. Gerolamo e seguito da una breve preghiera di Gregorio di Nazianzio, anch'essa tradotta in latino da Rufino di Aquileia. Il commento di Origene, che incarna lo Sposo nel Cristo e la Sposa nella Chiesa, ma anche l'anima individuale, ha influenzato per secoli le interpretazioni spirituali del Cantico dei Cantici.
Online dal: 26.09.2017
Il manoscritto su carta, copiato nell'Italia del nord, si compone di due testi di storia antica copiati indipendentemente: l'Epitome di Tito Livio di Floro e le Storie contro i pagani di Paolo Orosio. Questi testi conobbero un enorme successo nel corso di tutto il Medioevo e si ritrovano in tutte le biblioteche medievali di una certa importanza. Come si deduce dall'ex-libris del sec. XV (c. 147r), questo esemplare appartenne all'abbazia degli eremiti di S. Agostino di San Pier d'Arena presso Genova.
Online dal: 04.10.2018
Copiato in Italia all'inizio del XIV secolo, il manoscritto riunisce i seguenti testi: l'Arte amatoria di Ovidio, due libri della Grammatica di Prisciano, degli estratti dal Secretum secretorum, un libro – incompleto – sulla fisionomia di autore incerto, ed una serie di inni attribuiti tra gli altri a Gregorio Magno, s. Ambrogio o Sedulio. Mancante di due fogli all'inizio, il manoscritto rivela tracce di uso antico, con l'aggiunta di commenti o di maniculae nei margini. Questa copia non presenta della decorazione ad eccezione di alcune iniziali filigranate rosse e viola, ritoccate d'oro e inquadrate.
Online dal: 04.10.2018
Scoperti intorno al 1700 presso la scuola del monstero di Ilfeld, questi frammenti dei Fasti di Ovidio, da allora conosciuti con il nome di «Fragmentum Ilfeldense», sono entrati nella collezione di Martin Bodmer nel 1956. Precedentemente dovettero essere stati usati come fogli di guardia o in una legatura. I Fasti, un poema in distici elegiaci, tratta del calendario romano – solo i primi sei mesi dell'anno – e della sua trasformazione all'inizio dell'Impero con l'introduzione delle feste commemorative di Augusto.
Online dal: 08.10.2020
Il doppio foglio di apertura di questo manoscritto delle Metamorfosi e dei Fasti di Ovidio annuncia già i suoi riferimenti all'antichità : l'utilizzo di lettere capitaliall'antica, il color porpora dell'insieme del foglio e la raffigurazione del lauro che corona i versi del poeta collocano la produzione del volume nel Rinascimento italiano. La dedica scritta in caratteri d'oro sul f. 1v conferma quest'origine : il manoscritto è stato copiato dal napoletano Ippolito Lunense per il segretario di Ferdinando I d'Aragona, Antonello Petrucci, del quale si scopre lo stemma inquadrato da putti e da cornucopie dell'abbondanza al f. 2r. Le scritture cambiano, nello stile e nel colore dell'inchiostro, a seconda della natura del testo. La decorazione a ‘bianchi girari', di grande qualità, rivela una fattura tipicamente napoletana, realizzata nello stile del miniatore reale Cola Rapicano.
Online dal: 21.12.2009
Questo manoscritto di origine italiana contiene le Metamorfosi di Ovidio. Il testo è circondato da glosse marginali e interlineari scritte da varie mani contemporanee e italiane del sec. XV. Vi si possono riconoscere quattro tipi di annotazioni: segnaletiche, lessicali e filologiche, intertestuali e commentarie, che testimoniano della vitalità di questo testo di Ovidio nel sec. XIV fino all'alba dell'età moderna. Il frontespizio è decorato con una lettera che contiene il ritratto dell'autore intento a scrivere la sua opera e da una bordura laterale che racchiude un angelo con delle ali rosse.
Online dal: 23.04.2013
Il bifolio in pergamena, risalente alla fine del XII sec., è stato riutilizzato in un epoca imprecisata quale rilegatura, come mostrano i segni di piegatura nel margine inferiore. Contiene un estratto della Tristia, una raccolta di lettere in distici elegiaci che Ovidio scrisse durante il suo esilio. Il testo è continuo, ciò che indica che il bifoglio si trovava al centro di un fascicolo; mancano solo alcuni versi a causa del taglio nella parte superiore del foglio. E' stato acquistato da Martin Bodmer nel 1958 dal libraio Kraus di New York.
Online dal: 13.06.2019
Sontuosa raccolta di vite di santi latini trascritta nel XII secolo in Germania, forse nell'abbazia di Weissenau, il CB 127 è decorato con numerose iniziali ornate e istoriate, tra le quali figura anche la notevole rappresentazione del «Frate Ruffilus» (f° 244r).
Online dal: 20.05.2009
Grande manoscritto in-folio incompleto contenente la parte estiva ed il comune dei santi dell'omeliario di Paolo Diacono. Scritto da varie mani in minuscola carolina nel IX secolo, presenta delle iniziali a inchiostro con racemi di colore rosso che denotano influsso irlandese ed alcuni eleganti incipit in scrittura capitale. Proviene forse da Reichenau, in ogni caso dalla regione di Costanza. Appartenne alla collezione Phillipps, poi Chester Beatty, dalla quale Martin Bodmer lo acquistò nel 1968.
Online dal: 23.06.2014
Il manoscritto contiene le Satire del poeta romano Persio – Aulus Persius Flaccus (34-62). Ad eccezione del prologo scritto in esametri, le satire sono brevi per quanto riguarda il numero dei versi (circa 650). Furono molto popolari nel corso del medioevo e anche oltre, visto che Jean-Jacques Rousseau vi prende in prestito delle parole – intus et in cute (Satire III, v. 30 – fol. 5v) – per inserirlo all'inizio delle sue Confessions. Questa copia delle Satire risale al XII sec. e potrebbe essere stata trascritta in Francia, come suggerisce l'aggiunta di una parafrasi in francese del vangelo di Luca che occupa l'ultimo foglio del manoscritto.
Online dal: 14.06.2018
Realizzato nei primi anni del XVI secolo, quando la stampa si era ormai già consolidata, il CB 130 testimonia una notevole maestria calligrafica e pittorica. Opera di Bartolomeno Sanvito, che ha curato la trascrizione di altri quattro manoscritti del Canzoniere e dei Trionfi di Petrarca, presenta una scrittura sobria ed equilibrata, arricchita con raffinate miniature. L'inserzione di un foglio di pergamena con disegni segna l'inizio di ciascuna parte del volume.
Online dal: 25.03.2009
Raccolta di due canzonieri italiani autonomi, il CB 131 è costituito di due sezioni: una comprende 380 poemi di Petrarca; l'altra componimenti redatti da Dante e da altri poeti della generazione precedente. Misterioso «libro de la mia comare» dalla grafia arcaizzante, la parte riservata a Petrarca è arricchita qua e là da glosse singole (altrimenti sconosciute), che testimonierebbero la ricezione da parte di un pubblico femminile.
Online dal: 20.05.2009
Scritte nella cerchia dell'imperatore Federico II, di cui fu cancelliere Petrus di Vinea (verso il 1200-1249), queste Lettere furono senza dubbio riunite verso il 1270 dalla curia papale. Conservate in più di 230 manoscritti, esse sono servite, in ragione della loro formulazione curata, da modelli di scrittura. L'Ars dictaminis di Bonfilius Aretinus trascritto subito dopo sottolinea l'intento retorico del CB 132.
Online dal: 20.12.2007
Contiene tra altri il Liber antiquitatum biblicarum che narra la storia biblica iniziando da Adamo fino al re Saul (dalla Genesi alla fine del primo libro di Samuele), attribuito pseudoepigrafiamente al filosofo ellenistico di cultura ebraica Filone di Alessandria (I sec. d.C.) e estratti dai Carmina del poeta e vescovo di Tours Ildeberto di Lavardin (1056-1133). Fu probabilmente scritto nell'abbazia benedettina di S. Eucario-S.Mattia di Treviri, cui sicuramente appertenne, come si legge nell'ex-libris di c. 1r.
Online dal: 18.12.2014
Il De Balneis Puteolanis, poema didattico attribuito al medico-poeta di Salerno, Pietro da Eboli, presenta le qualità curative di una trentina di fonti termali di Baia e di Pozzuoli. Questo testo, che conoscerà una grande posterità sia in latino sia nelle sue traduzioni italiane e francesi, conserva il ricordo delle terme distrutte da un terremoto nel 1538. Il CB 135, illustrato con disegni a piena pagina, è stato senza dubbio trascritto nella prima metà del XIV secolo nella cerchia di Roberto d'Angiò.
Online dal: 31.07.2007
Testimone eccezionale di quel Rinascimento che riscopre Platone distanziandosi dal tomismo medievale fondato su Aristotele, il CB 136 è stato copiato dalla mano del grande umanista fiorentino Leonardo Bruni, detto Aretino. Questo manoscritto pergamenaceo, scritto con calligrafia regolare, contiene molti dialoghi di filosofica ; sarebbe servito a stabilire la traduzione latina del Fedone effettuata dall'Aretino.
Online dal: 21.12.2009
In quest'opera della maturità di Platone, Fedone riferisce della morte di Socrate, di cui è testimone, e riporta gli ultimi propositi del grande filosofo sotto forma di un ultimo dialogo con Cebete e Simmia. Questo manoscritto, che contiene molte belle iniziali dipinte, è stato copiato nel sec. XV su pergamena. La scrittura umanistica rotonda è della mano di un solo copista, che si firma col rosso «Marcus Speegnimbergensis scripsit» (f. 76).
Online dal: 02.06.2010
Le venti commedie di Plauto contenute in questo manoscritto sono state copiate nel corso della seconda metà del XV sec. in una scrittura umanistica molto accurata. Ogni commedia è introdotta da una iniziale d'oro con bianchi girari. La prima carta è inoltre dotata di un riquadro composto da intrecci vegetali interrotti nella parte inferiore da una corona di alloro attorniata da due putti, il cui interno, lasciato bianco, avrebbe dovuto contenere lo stemma del possessore. Secondo un'antica segnatura che si trova sul piatto anteriore, il manoscritto apparteneva nel XVII sec. alla biblioteca dei maurini a Roma.
Online dal: 14.12.2018
Questo manoscritto, copiato su pergamena nel sec. XV a Firenze, è conservato nella sua rilegatura originale. La scrittura umanistica è di un solo copista, con grandi iniziali d'oro a bianchi girari all'inizio di ciascun libro. Si notano delle glosse marginali a inchiostro viola, così come altre più recenti, forse del XVI secolo. Dopo Erodoto e Tucidide, Polibio è il terzo grande storico greco. Quest'ultimo si concentra sul racconto della conquista romana che si caratterizza per i conflitti combattuti su molteplici teatri di operazioni.
Online dal: 02.06.2010
Le due carte miniate appartenevano probabilmente ad un atlante di carte marine, o a un portolano. La prima, orientata verso nord, rappresenta parte delle coste dell'Oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo ai lati dello stretto di Gibilterra, tra le Isole Canarie e l'Italia settentrionale. La seconda mappa, rivolta ad ovest, mostra le isole del Mar Egeo tra Creta (Candia) e Salonicco, la Grecia e l'Asia Minore, dove Troia e Costantinopoli sono situate in maniera anacronistica. Una scala di latitudini sulla prima carta, delle scale graduate di distanza vicino ai margini, delle linee di rombi e delle rose dei venti ornate di fiori di giglio accompagnano i toponimi del litorale in rosso e nero perpendicolarmente alle coste. Il loro tracciato, molto stilizzato, accentua i promontori e gli estuari, e il cartografo ha rappresentato anche alcuni fiumi, ma senza molta precisione. Nell'entroterra, e collocate in modo piuttosto vago, figurano delle vignette urbane con bandiere con stemmi, montagne e alberi. In mare, appaiono su entrambe le mappe alcune navi e un animale marino. I nomi delle regioni sono iscritti su banderuole, o indicati in caratteri più grandi. Lo stile particolare del disegno delle città, delle decorazioni e la grafia rimandano alla produzione di Giovanni Battista Cavallini, o del suo successore Pietro Cavallini, attivo a Livorno tra il 1636 e il 1688.
Online dal: 12.12.2019
Contiene le Elegie di Properzio ed è stato scritto nel 1466 a Firenze da Gian Pietro da Spoleto in una elegante scrittura umanistica. Il manoscritto appartenne ad Antonello Petrucci d'Aversa († 1487) attivo presso la cancelleria aragonese, e confluì poi nella biblioteca dei re aragonesi di Napoli. Le iniziali che introducono i vari libri ed il frontespizio sono decorati a bianchi girari; lo stemma che doveva figurare nella corona di lauro a c. 1r non è stato eseguito.
Online dal: 18.12.2014
Nella Prefazione, collocata in apertura del CB 142, Prudenzio afferma il suo desiderio di piacere a Dio se non per i suoi meriti, almeno grazie ai suoi poemi. Riflessi della luce della parola divina, le opere principali del poeta latino cristiano nato nel sec. IV a Tarragona sono riunite in questo manoscritto della fine del sec. XI o inizio del sec. XII. Vi si legge tra le altre la celebre Psychomachia nella quale viene messa in scena la lotta tra le figure allegoriche dei vizi e delle virtù, e la cui lettura ha profondamente influenzato la poesia e le arti medievali.
Online dal: 21.12.2009
Il Romuleon, compilazione latina anonima di testi di storia romana, è attribuito a Benvenuto da Imola. Realizzato in Francia verso il 1440, il CB 143 fu trascritto probabilmente durante la vita del re Carlo VII, rappresentato al f° 6v. L'inizio di ciascun libro di tale raccolta è messo in risalto da miniature raffinate.
Online dal: 25.03.2009
Otto magnifici disegni a piena pagina eseguiti vero il 1470 da Jean Colombe illustrano l'opera Le Mortifiement de Vaine Plaisance del re Renato d'Angiò. Questo poema allegorico sul conflitto tra l'anima e il cuore, scritto nel 1455, invita l'uomo a rinunciare ai desideri, sempre insoddisfatti, del cuore per rivolgersi a quelli che possano appagare la presenza divina.
Online dal: 25.07.2006
La gran parte del codice contiene opere di Marquart von Stadtkyll – la Chirurgie (5r-50r) e Von den Zeichen des Todes (50v-58v) – o a lui attribuite (59r-109r ricette varie per cerotti, pomate, polveri, bagni ecc.). Nel resto del codice (1v-4v, 109r-139r) sono state trascritte, tra il XV e il XVI secolo da vari copisti, 150 ricette mediche varie. Il tipo di scrittura ed il dialetto utilizzato rimandano ad una origine nella Germania sudoccidentale. Nel XIX sec. il manoscritto era in possesso di una famiglia Hegwein di Herrnsheim (nella Bassa Franconia) i cui membri vi hanno apposto i loro nomi e varie date. Nel 1969 è stato acquistato da Martin Bodmer presso la William H. Schab Gallery di New York.
Online dal: 13.06.2019
Codice del sec. X di provenienza italiana contenente varie opere di retorica: l' Ars rhetorica di Fortunaziano, i Principia rhetorices di Agostino, i Praecepta artis rhetoricae di Giulio Severiano e le Partitiones oratoriae di Cicerone. Nel sec. XIV venne in possesso di Francesco Petrarca che vi appose numerose annotazioni marginali a più riprese ed in varie epoche della sua vita. Testimonia l'interesse dell'umanista per i retori minori che egli contribuì a riscoprire e divulgare.
Online dal: 09.04.2014
Trascritto alla fine del XIII secolo, il CB 147 contiene il ciclo dei romanzi arturiani in prosa: Storia del Santo Graal, Storia di Merlino, Seguito della storia di Merlino, La ricerca del santo Graal e Morte d'Artù. Tuttavia, sono le sue interpolazioni che lo rendono eccezionale: delle traduzioni dei Vangeli e del libro della Genesi, come pure di altri testi biblici e dei sermoni di Maurice de Sully, sono posti nella bocca degli eroi arturiani! Una messa in prosa del Romanzo di Troia, di cui non si conoscono altre testimonianze, e i Fatti dei Romani sono pure inseriti nel corpus. La sua ricca iconografia è realizzata in uno stile originale.
Online dal: 25.07.2006
Scritto senza dubbio negli anni 1520-1528, il Tristano del lionese Pierre Sala si fece l'erede della tradizione medievale, dai cicli in prosa di Tristano e di Lancillotto ai romanzi italiani della Tavola Rotonda. Nondimeno, questo racconto dell'amicizia esemplare tra Tristano e Lancillotto, dove le avventure cavalleresche si intrecciano agli intrighi amorosi, è già aperto alla scrittura del Rinascimento. Esso è trasmesso solamente da due manoscritti e quello della Fondazione Martin Bodmer è l'esemplare di dedica offerto al re Francesco I. È illustrato da ventisei disegni a penna e all'acquarello.
Online dal: 26.04.2007
Il manoscritto contiene la traduzione francese dell'opera di Diego de San Pedro (1437-1498) Carcel de amor, di François Dassy, che a sua volta si basa sulla traduzione italiana di Lelio Manfredi, ultimata nel 1513. Diego de San Pedro è un poeta e narratore spagnolo del prerinascimento, forse di origini ebraiche e convertitosi al cristianesimo. Il Carcel de amor, una delle sue due novelle conosciute, è un racconto sentimentale incentrato sul tema del superamento delle passioni amorose attraverso la ragione; venne stampato per la prima volta a Siviglia nel 1492 e tradotto in varie lingue. E' illustrato da 19 vignette per la maggior parte inquadrate da una cornice architettonica, e nelle quali i personaggi sono raffigurati in costumi dell'epoca. Il codice è forse stato eseguito per Carlo III di Borbone-Montpensier (Charles de Bourbon) – il cui stemma è dipinto a c. 1v - tra il 1521 ed il 1527. Prima di entrare a far parte della collezione di Martin Bodmer appartenne alla famiglia Demidow, al conte Alexis de Golowkin e a Sir Thomas Phillipps.
Online dal: 17.12.2015
Lo Schwabenspiegel (Specchio svevo) contiene una raccolta di leggi nazionali e feudali in uso nel tardo medieovo nella Germania meridionale ma diffuso anche in Boemia e nella Svizzera fino al confine linguistico franco-tedesco. Il manoscritto è stato redatto nella seconda metà del XIII sec. ed appartiene ai più antichi testimoni di questo testo, di cui si sono conservati ca. 350 manoscritti.
Online dal: 18.12.2014
Terminato nel novembre 1402 dal copista Johannes Man de Creussen (cf. f° 187), il CB 151 è uno dei più antichi manoscritti dell'Alexander di Seifrit. Una mano del XV secolo ha aggiunto sull'ultimo foglio, in latino, un rimedio contro la peste.
Online dal: 25.03.2009
Seneca è il più letto e amato drammaturgo antico del Medioevo. I manoscritti delle sue Tragedie, quasi 400 copie conosciute fino ad oggi, risalgono per lo più al XIV e XV secolo, come la copia della Fondazione Bodmer. Questa presenta inoltre una serie di iniziali istoriate collocate all'inizio di ogni dramma di Seneca, la cui illustrazione riassume la trama drammatica, come per esempio il suicidio di Giocaste e l'accecamento di Edipo all'inizio del dramma omonimo (f. 46v). La loro realizzazione, piuttosto modesta, è probabilmente localizzata nel Nord Italia dove fu prodotta la maggior parte delle copie miniate di questo testo (una cinquantina circa).
Online dal: 10.10.2019
Precursore della riscoperta di Stazio da parte del Rinascimento del XII secolo, questo manoscritto della Tebaide del sec. XI è stato copiato senza dubbio in Germania. Contiene alcune glosse marginali tratte in parte dal commento di Lattanzio, e si distinguono soprattutto per i neumi apposti ai versi sui ff. 46v, 80r e 81r. Questa notazione marca il ritmo del testo mettendo in evidenza dei passaggi particolarmente patetici : il pianto di Ipsipile al cospetto del cadavere del bambino Archemoro, la preghiera di Tideo sulla soglia della morte, il dolore di Polinice sul corpo di Tideo.
Online dal: 21.12.2009
Manoscritto composto nella metà del XIV secolo nel sud-est della Germania, il CB 155 contiene 68 testi dello Stricker seguiti dalla parabola di Barlaam e Josaphat di Rudolf von Ems.
Online dal: 20.12.2007
Questo manoscritto cartaceo datato contiene l'opera molto diffusa nel tardo medioevo del mistico tedesco domenicano Enrico Susone (1295-1366) Büchlein der ewigen Weisheit e il trattato allegorico Die zwölf Lichter im Tempel der Seele, forse originariamente parte di una predica. Le caratteristiche linguistiche del testo (dialetto bavarese) rimandano ad una provenienza dal Sudtirolo, mentre una tarda annotazione sulla carta di guardia (XVIII-XIX sec.) potrebbe costituire una segnatura di appartenenza alla biblioteca del monastero delle clarisse di S. Elisabetta a Bressanone.
Online dal: 14.06.2018
Il teatro di Terenzio fu molto apprezzato lungo tutto il medioevo, come testimonia questo manoscritto, vergato in scrittura carolina e risalente al sec. XI, che conserva dei frammenti di due delle sue sei commedie, Andria e Eunuchus. Questi frammenti, di formato diverso, sono stati utilizzati tra il XV e il XVI sec. quali legature di registri, come dimostrano certi segni di usura e di piegature, così come le date segnate a fianco delle invocazioni alla Vergine, a Cristo o a s. Tommaso.
Online dal: 10.10.2019
La leggenda tebana e quella troiana hanno avuto un'influenza straordinaria durante il Medioevo. Scritto dalla mano di Jacotin de Lespluc nel 1469, il cartaceo CB 160 contiene adattamenti in prosa della Historia trojana di Guido delle Colonne e una versione delle gesta del figlio di Edipo che si rifà alla Storia antica fino a Cesare. I suoi disegni a inchiostro sfumato (lavis) richiamano quelli del manoscritto 9650-52 della Biblioteca reale del Belgio.
Online dal: 25.03.2009
« È meglio rischiarare che solamente brillare ; nello stesso tempo è meglio trasmettere ad altri quanto si ha contemplato che solamente contemplare ». Opera magistrale di Tommaso d'Aquino, la Summa theologiae è l'opera emblematica della scolastica cristiana. Composta alla fine della vita del domenicano, è rimasta incompiuta, interrotta dalla morte dell'autore. Redatta sotto la forma di questioni (quaestiones) divise in articoli, presenta la teologia in maniera organica. Il CB 161 è stato prodotto in Francia, senza dubbio a Parigi, poco dopo la morte del filosofo ; il codice conserva una legatura antica. La sottoscrizione della fine del sec. XIII che si può leggere sul verso del piatto posteriore segnala che il manoscritto era stato lasciato in pegno da Jean de Paris in occasione della presa in prestito di un altro volume.
Online dal: 21.12.2009
Nel suo De bello Peloponensium Tucidide fa un vero lavoro da storico ritracciando l'origine del conflitto della guerra del Peloponneso, e riferendo degli avvenimento anno per anno con una grande esattezza. Questo manoscritto su pergamena è illustrato magnificamente, segnatamente da due putti e, all'interno di un'iniziale, da un personaggio vestito di un'armatura blu che regge una spada.
Online dal: 02.06.2010
Elegante codice vergato in scrittura umanistica corsiva contenente le Elegiae del poeta elegiaco latino Tibullo, un testo poco diffuso nel medioevo e riscoperto dagli umanisti italiani alla fine del XIV secolo. Il manoscritto è stato copiato e miniato a Firenze forse per Braccio, membro della famiglia Martelli, di cui si vedono le armi dipinte nel frontespizio. Passò poi nelle mani della famiglia fiorentina dei Medici, che vi fece apporre lo stemma sulla carta di guardia anteriore. Nel 1968 Martin Bodmer lo acquistò dalla collezione di Thomas Phillipps.
Online dal: 25.06.2015
Almeno tre scribi si sono suddivisi il lavoro di copia di questo imponente manoscritto di più di 650 fogli all'inizio del sec. XIV. Nonostante questo il testo del Roman de Tristan en prose, riscrittura del mito di Tristano alla luce del Lancelot en prose, è incompleto all'inizio e alla fine. Quest'opera, inizialmente composta all'inizio del sec. XIII, è stata costantemente riscritta nel corso di tutto il medioevo; si conserva in più di 80 manoscritti, testimoni di almento quattro differenti versioni.
Online dal: 21.12.2009
Il manoscritto, di origine francese e databile al XII secolo, contiene i libri I-VI dell'Eneide di Virgilio con gli Argumenta attribuiti allo Pseudo Ovidio. Tra gli illustri precedenti possessori di questo codice figurano Charles de Montesquieu (1689-1755), che ha lasciato il suo ex-libris a c. 1r, e sir Thomas Phillipps (1792-1872). Martin Bodmer ha acquistato questo manoscritto nel 1966, nel corso di una delle vendite della collezione Philipps.
Online dal: 17.12.2015
Il manoscritto conservato alla Fondazione Bodmer contiene l'unico testimone del lungo romanzo sull'alto lignaggio anglo-normanno Waldef. Composto all'inizio del sec. XIII, questo testo celebra in ben 22'300 ottosillabi a rime piatte la vita del suo eroe eponimo e di suo figlio; dopo un lungo preambolo che risale all'occupazione romana dell'Inghilterra, il romanzo descrive amori e separazioni, pellegrinazioni e battaglie in immagini convenzionali. In questo manoscritto, realizzato alla fine del sec. XIII o all'inizio del sec. XIV, decorato con alcuni disegni a penna nei margini, a questo testo fa seguito un secondo romanzo sull'alto lignaggio, Gui de Warewic, e la canzone di gesta Otinel.
Online dal: 21.12.2009
Il racconto in versi Willehalm di Wolfram von Eschenbach – uno dei più importanti scrittori del medioevo tedesco – è un romanzo storico-leggendario su modello delle canzoni di gesta francesi. Narra le vicende dell'amore tra Willehalm, conte di Tolosa, e Arabel, figlia di un re musulmano, e rispecchia la storia del conflitto tra le due culture medievali. Dagli anni '60 del XIII secolo lo si trova unito in un unico ciclo con l'Arabel di Ulrich von dem Türlin, che ne racconta l'antefatto, e il Rennewart, che ne rappresenta la continuazione. Si conserva in poco più di una decina di codici completi e in numerosi frammenti.
Online dal: 18.06.2020
Manoscritto umanistico italiano tardorinascimentale, contenente estratti da opere di vari autori latini e greci tra i quali Plinio, Cicerone, Silio Italico, Plauto, Livio, Orazio, Cicerone, Sallustio, Plutarco, Seneca e altri. La Pellegrin riprende da Tammaro de Marinis l'attribuzione della scrittura al lavoro di copia di Gian Marco Cinico, attivo per i re di Napoli tra il 1458 ed il 1494. Le varie parti sono introdotte da iniziali in oro con bianchi girari, in parte solo disegnati (cc. 1v, 4v, 20r, 22r, 50r, 186v). Alcuni girari sono risparmiati, su fondo blu, rosso, verde o nero, altri colorati in rosa, verde o blu su fondo nero o dorato. I girari sono abitati da putti e animali quali conigli, cervi, farfalle, uccelli. In vari riquadri i putti sono raffigurati mentre sono impegnati nella caccia o in varie attività ludiche (per es. cc. 55r, 79r, 139r, 169r).
Online dal: 17.12.2015
Questo commovente piccolo manoscritto di origine francese (nord-est), eseguito nel sec. IX nella regione di Parigi-Reims, si fa notare per la sua fine scrittura ed i suoi titoli rubricati in capitale rustica. In differenti passaggi si distinguono varie modifiche fatte in una accurata scrittura del sec. XII, specialmente sui fogli 32-32v, così come delle aggiunte di poche parole (correzioni) ai fogli 52v-53.
Online dal: 22.03.2012
Scritto da Boccaccio tra il 1353 ed il 1356, poi completato nel 1373, quest'opera morale che tratta della volubilità della Fortuna, abbondantemente copiato, stampato e poi tradotto in numerose lingue, ha conosciuto un enorme interesse in Europa. La traduzione francese di Laurent de Premierfait per Jean de Berry ha incontrato il medesimo successo dell'originale, come testimoniano i 68 manoscritti conservati contenenti questo testo. Contrariamente alla versione latina, i manoscritti in francese presentano un ricco programma iconografico, senza dubbio stabilito da Laurent de Premierfait stesso. E' il caso anche del CB 174, eseguito in Francia nel sec. XV, nel quale ogni libro si apre con una serie di piccole raffigurazioni (in totale 150) che illustrano i "casi" esposti nel testo che segue.
Online dal: 22.03.2012
La Rhetorica, opera in latino usata per l'insegnamento da Guillaume Fichet per più di dieci anni, è la testimonianza di quell'arte del « parlar bene » i cui trattati sarebbero ben presto scomparsi. Questo manoscritto riccamente miniato è stato scritto alla Sorbona a Parigi nel 1471 (nello stesso anno in cui apparse l'edizione a stampa del testo); all'inizio vi è una grande miniatura che rappresenta l'autore che offre il suo libro alla principessa Jolanda di Savoia.
Online dal: 22.03.2012
Il manuale di medicina di Garioponto, che fu attivo alla metà del sec. XI a Salerno, radunò in sette libri, ordinandoli sistematicamente dalla testa ai piedi, degli scritti già da tempo noti nell'area latina (il Ad Glauconem de medendi methodo I-II di Galeno con un Liber tercius di uno pseudo-Galeno, l'Aurelius e l'Esculapius che derivano dai testi di Sorano di Efeso, ed un estratto dalla Therapeutica di Alessandro di Tralles). L'opera esercitò un grande influsso sulla Scuola di Salerno. E' tramandata in più di 65 manoscritti e venne stampata già nel XVI sec. Il manoscritto Bodmer dell'inizio del sec. XII, presenta numerose glosse.
Online dal: 22.03.2012
Le 13 grandi miniature di questo manoscritto di origine francese, copiato nel sec. XV, riproducono le miniature eseguite da uno dei più importanti miniatori della fine del medioevo: Jean Fouquet (BnF, ms. Fr. 247). Abbondantemente ritoccate con oro, esse occupano i due terzi della pagina; numerose iniziali arricchite di fiori su fondo oro completano il programma iconografico. L'opera manca del primo foglio, che era certamente ornato con una miniatura (Adamo ed Eva?). All'inizio del prologo una piccola miniatura rappresenta l'autore interno a scrivere il libro. Le Antiquitates iudaicae ripercorrono la storia della nazione ebraica dalla genesi fino all'anno 66 della nostra era.
Online dal: 22.03.2012
Contiene il testo delle Adnotationes super Lucanum preceduto dalla Vita Lucani attribuita a Vacca, antico commentatore che alcuni collocano nel VI secolo. Forse proveniente dalla biblioteca dell'abbazia benedettina di Tegernsee in Baviera, il codice appartenne in seguito alla biblioteca dei principi Oettingen-Wallerstein e costituisce uno dei cinque testimoni - il codice Wallersteinensis I.2 - su cui si fonda l'edizione del testo, ancora oggi considerata di riferimento, pubblicata nel 1909 da Iohannes Endt.
Online dal: 17.12.2015
La compilazione storico-biblica di Pierre de Poitiers (1130-1205 ca.), Compendium historiae in genealogia Christi, era molto diffusa nel corso degli ultimi secoli del medioevo. Come molti altri esemplari di questo testo, questa copia è stata trascritta su di un rotolo di pergamena. Tuttavia questo è stato tagliato in 7 fogli a una data sconosciuta. Dei medaglioni figurati e degli schemi, per la maggior parte genealogici, percorrono tutto il manoscritto, creando una linea continua che disegna la storia del mondo dal peccato originale (f. 1) alla Natività (f. 5).
Online dal: 08.10.2020
Esemplare di lusso della Vita di Esopo, a metà storica, a metà leggendaria, composta da Massimo Planudo intorno al 1300. Questi fogli costituivano un tempo la prima parte di un manoscritto contenente le Favole di Esopo oggi conservato per la maggior parte a New York. Scritto a Firenze tra il 1482 ed il 1485 per Piero, giovane figlio di Lorenzo il Magnifico che all'epoca aveva dieci-dodici anni, da Démétrios Damilas, il copista più importante della corte dei Medici. Nello splendido frontespizio si sono riconosciuti i ritratti di Planudo e di Piero.
Online dal: 17.12.2015
Il De verborum significatu, del grammatico latino Pompeo Festo, è un dizionario di lingua latina e di mitologia molto prezioso per comprendere il mondo romano. Conservato nella rilegatura contemporanea in assi di legno, questo manoscritto di origine italiana è stato copiato su pergamena nel sec. XV e contiene delle belle iniziali in oro su fondo blu e rosso. Nei margini sono state aggiunte delle citazioni per illustrare alcune parole del testo. Gli ultimi fogli sono occupati da estratti di autori greci e latini.
Online dal: 02.06.2010
Esemplare della cosiddetta Bibbia parigina, nella quale l'intero testo è copiato in un volume unico di dimensioni modeste, su due colonne, in caratteri ridotti. Questo codice venne prodotto nel centro o nell'est della Francia, intorno alla metà o alla seconda metà del XIII secolo. Lo rendono speciale, e di un certo lusso, la presenza di 82 iniziali istoriate e di 66 iniziali ornate. Particolare il fatto che il testo biblico riveli tracce di un'accurata correttura e che i salmi siano divisi in sezioni più piccole, secondo uno schema che esclude la committenza monastica ma rimanda piuttosto a quella di un laico o di un ecclesiastico secolare. Da una iscrizione erasa si rileva che nel 1338 apparteneva al monastero dei celestini di Notre-Dame di Ternes (Limoges), forse offertagli dal suo fondatore, Roger le Fort, figlio del signore di Ternes e in seguito arcivescovo di Bourges nel 1343. Prima di giungere nella collezione Bodmer fece parte della collezione del barone Edmond de Rothschild (1845-1934) da cui il nome di «Bibbia Rothschild».
Online dal: 17.12.2015
Si conoscono circa 70 manoscritti del Dragmaticon di Guglielmo di Conches, uno dei maestri della celebre Scuola di Chartres nel XII secolo. Il CB 188, realizzato senza dubbio in un ambiente scolastico nella regione di Colonia verso il 1230, è una delle più antiche trascrizioni che ci siano giunte. Il suo formato maneggevole, i suoi schemi e le sue tavole, così come la sua scrittura (gotica corsiva) lo destinavano verosimilmente ad un uso universitario. Il primo quaderno del volume è occupato da un computus, che serve per il calcolo del calendario, in particolare per stabilire le date delle feste mobili.
Online dal: 20.05.2009
Composto intorno al 1310 dal lorenese Jacques de Longuyon su richiesta del vescovo di Liège Thibaut de Bar, il poema Les Vœux du paon prolunga la tradizione del Romanzo di Alessandro. Le monorime alessandrine sono illustrate da tredici miniature e diverse iniziali filigranate.
Online dal: 25.03.2009
Questo manoscritto scritto in lingua persiana contiene una scelta dalle “Cento sentenze di Ali”, una raccolta di sentenze e proverbi che tradizionalmente sono attribuiti ad Ali ibn Abi Talib, il quarto dei califfi ben guidati e anche cugino e genero del profeta Maometto. Presso gli sciiti (da šīʿat ʿAlī, il "Partito di Ali") Ali assume un ruolo religioso importante quale primo imam. Il manoscritto fu redatto nel 1559 dal calligrafo Jalal ibn Muhammad a Bucara. Per il testo egli utilizzò la scrittura Nastaliq, uno stile calligrafico molto diffuso per l'alfabeto persiano-arabo, mentre per i titoli utilizzò la scrittura calligrafica comune araba Nasḫī. Le sei miniature a piena pagina, cui viene dato rilievo con l'uso dell'oro, vennero aggiunte nel secondo/terzo quarto del XVII secolo. Da osservare nell'immagine a p. 9, al centro del margine inferiore, la rara raffigurazione di una figura che volge la schiena all'osservatore e del quale si vede solo la schiena. Sulla stessa pagina, a sinistra, dietro a vari musicisti, vennero raffigurati anche due europei, riconoscibili dall'abbigliamento.
Online dal: 25.06.2015
Questo manoscritto, redatto in persiano, contiene la storia del principe Seyf ol-Molûk e della principessa Badî`ol-Jamâl. Il codice venne scritto probabilmente in India e illustrato con 32 minature. E' datato alla fine del testo (f. 56v) dal copista all'anno 1033 (era islamica). Il racconto si trova anche nelle Mille e una notte (notte 758 fino a 778, seconda edizione di Calcutta 1839-1842).
Online dal: 07.10.2013
Il libro appartiene alla categoria del nara ehon, un tipo di narrazioni illustrate policrome pubblicate a partire dal periodo Muromachi attraverso tutto la prima metà del periodo Edo. Il termine nara ehon è stato comunemente applicato a tutti i libri illustrati di questo periodo fino all'era Meiji, ma la sua origine non è chiara. Il formato dei nara ehon differisce a seconda del periodo. I più antichi esemplari a partire dal periodo Momoyama fino agli inizi del periodo Edo sono alti, misurano circa 30 cm di altezza, ed hanno un formato simile all'europeo in-quarto. Gli esempi prodotti a partire dall'era Kanei entro la prima metà del periodo Edo avevano delle proporzioni più vicine all'orizzontale. In generale si basavano sul genere dell'otogizōshi, brevi storie che appaiono a partire dal periodo Kamakura, e dei quali la maggior parte si concentrano nel periodo Muromachi. Nel corso della seconda metà del secolo XVII il tema si sposta verso storie riguardanti l'aristocrazia o la ricca classe mercantile, prima che la popolarità del nara ehon inizi a declinare. Questo esempio può essere datato all'era Keichō (1596-1615).
Online dal: 23.06.2016
Il libro appartiene alla categoria del nara ehon, un tipo di narrazioni illustrate policrome pubblicate a partire dal periodo Muromachi attraverso tutto la prima metà del periodo Edo. Il termine nara ehon è stato comunemente applicato a tutti i libri illustrati di questo periodo fino all'era Meiji, ma la sua origine non è chiara. Il formato dei nara ehon differisce a seconda del periodo. I più antichi esemplari a partire dal periodo Momoyama fino agli inizi del periodo Edo sono alti, misurano circa 30 cm di altezza, ed hanno un formato simile all'europeo in-quarto. Gli esempi prodotti a partire dall'era Kanei entro la prima metà del periodo Edo avevano delle proporzioni più vicine all'orizzontale. In generale si basavano sul genere dell'otogizōshi, brevi storie che appaiono a partire dal periodo Kamakura, e dei quali la maggior parte si concentrano nel periodo Muromachi. Nel corso della seconda metà del secolo XVII il tema si sposta verso storie riguardanti l'aristocrazia o la ricca classe mercantile, prima che la popolarità del nara ehon inizi a declinare. Questo esempio può essere datato all'era Keichō (1596-1615).
Online dal: 23.06.2016
I Racconti di Ise è uno dei più antichi e più conosciuti esempi di uta monogatari, un sottogenere del monogatari, che si focalizza sulla poesia waka, accompagnata da narrazioni esplicative. L'autore e l'esatta data di composizione rimangono sconosciuti, ma oggi vengono datati al primo periodo Heian. Sono anche conosciuti con il titolo di "Zaigo chūjō nikki", o Diari del Principe Ariwara no Narihira. Il personaggio principale dei Racconti di Ise è ritenuto essere il principe e poeta vissuto storicamente Ariwara no Narihira (IX secolo), il cui waka (poesia giapponese) appare nel racconto. Tuttavia data l'esistenza di narrazioni che chiaramente datano ad un periodo più tardo, Narihira stesso non può essere considerate l'autore. Il racconto si occupa in generale dell'affetto umano di vari tipi, dagli affari amorosi all'amore dei genitori. Mentre molti capitoli hanno una connotazione fortemente aristocratica, non si limita al mondo della nobiltà ma include anche i destini dei comuni, così come il capitolo 23 Tsutsuizutsu. I personaggi spesso rimangono anonimi a si riferiscono solo a 'la ragazza' o 'l'uomo'. In questo modo, il racconto è interpretabile come uno sforzo in generale di indirizzare il tema verso le relazioni umane e gli affetti. Questo esemplare, rilegato in seta, è adorno di illustrazioni eseguite in inchiostro, policromia e oro.
Online dal: 23.06.2016
I Racconti di Ise è uno dei più antichi e più conosciuti esempi di uta monogatari, un sottogenere del monogatari, che si focalizza sulla poesia waka, accompagnata da narrazioni esplicative. L'autore e l'esatta data di composizione rimangono sconosciuti, ma oggi vengono datati al primo periodo Heian. Sono anche conosciuti con il titolo di "Zaigo chūjō nikki", o Diari del Principe Ariwara no Narihira. Il personaggio principale dei Racconti di Ise è ritenuto essere il principe e poeta vissuto storicamente Ariwara no Narihira (IX secolo), il cui waka (poesia giapponese) appare nel racconto. Tuttavia data l'esistenza di narrazioni che chiaramente datano ad un periodo più tardo, Narihira stesso non può essere considerate l'autore. Il racconto si occupa in generale dell'affetto umano di vari tipi, dagli affari amorosi all'amore dei genitori. Mentre molti capitoli hanno una connotazione fortemente aristocratica, non si limita al mondo della nobiltà ma include anche i destini dei comuni, così come il capitolo 23 Tsutsuizutsu. I personaggi spesso rimangono anonimi a si riferiscono solo a 'la ragazza' o 'l'uomo'. In questo modo, il racconto è interpretabile come uno sforzo in generale di indirizzare il tema verso le relazioni umane e gli affetti. Questo esemplare, rilegato in seta, è adorno di illustrazioni eseguite in inchiostro, policromia e oro.
Online dal: 23.06.2016
Il rotolo del Daihannya-haramitta-kyō, il sutra della Grande Saggezza, capitolo 540, consiste in un semplice foglio di carta senza montaggio. La versione completa del sutra comprende seicento capitoli. Venne introdotto in Cina dall'India dal monaco, studioso e traduttore Xuanzang, che tradusse il sutra in cinese nel VII secolo prima che venisse importato in Giappone. Il sutra è scritto in inchiostro nero su una carta di ottima qualità, molto probabilmente kōzo-shi, che è prodotta usando le fibre della Broussonetia papyrifera, o pianta del gelso, specialmente apprezzata ed usato per documenti importanti nel corso del primo periodo della storia giapponese, quale il periodo Nara e Heian. Sopra le prime quattro line del testo è collocato un sigillo rosso circolare, nel quale si dichiara: “Yakushi-ji-in” (sigillo del tempio Yakushi-ji). Il sutra venne scritto in Giappone nell'ambito dei riti religiosi atti a riprodurre la sacra scrittura per giovare al karma.
Online dal: 23.06.2016
Il manoscritto contiene un adattamento, in lingua punjabi/braj bhasha del libro 10 del Bhāgavata Purāṇa, copiato in alfabeto gurmukhi. Si tratta di una collezione di storie della vita del dio Krishna in versi (caupaī, kabitā, soraṭhā e altre). Contrariamente alla versione in sanscrito, questo testo non ha una chiara struttura in capitoli e presenta una numerazione continua (880 versi). È riccamente illustrato con delle scene della vita di Krishna (più di 200 miniature). Si tratta di una variante libera in versi dell'antico testo sanscrito scritto in ślokas, che era estremamente popolare in India.
Online dal: 22.03.2018
Il manoscritto, copiato in alfabeto devanagari moderno, contiene una serie di estratti di poemi su Rādhā e Krishna e su nāyikās e su nāyakas (eroi maschili e femminili), che mostrano diversi stadi e tappe dell'amore erotico. Due testi menzionano nei rispettivi colofoni i nomi degli autori o compilatori Rājānāgarī Dāsa (c. 55v) et il venerabile Kuvara Phakīra Siṃha - Kubar Fakīr Singh in lingua hindi (c. 58v). Il manoscritto è illustrato: cinque miniature rappresentano Rādhā e Krishna (cc. 1v, 10r, 26v, 33r e 37v), e due altri raffigurano dei giovani innamorati (cc. 52r, 52v). I poemi seguono diverse forme, in copaī/caupaī, dohā, aralli, e soraṭha. Ciascuno di essi ha un numero fisso di linee, di sillabe per riga e altre specificità metriche. Questo stile era molto popolare nel nord ovest dell'India a partire dal XVIII sec. Prima di entrare a far parte della collezione Bodmer ad una data imprecisata, il manoscritto appartenne a Oliver Henry Perkins (guardia anteriore).
Online dal: 22.03.2018
Il manoscritto comprende una collezione di quattro diversi testi. Il testo principale è il Bhagavadgītā («Canto del Signore»), una parte dell'epopea del Mahābhārata, libro 6, che comprende 18 capitoli, qui trascritti in alfabeto devanagari influenzato dalla lingua kashmiri (1v-165r). Si tratta di uno dei testi maggiormente copiati della tradizione hindu, e che sopravvive in un grande numero di manoscritti. All'inizio dei 18 capitoli si alternano dei ritratti dipinti di Krishna e Arjuna. Il Bhagavadgītā è preceduto dal Prayāgatīrthasnānasaṃkalpa, apadoddhāraṇastotra (V2r-V4v), «una promessa di bagnarsi a Prayāga (Allahabad)», e seguito dal Pañcavaktrahanumatkavaca (N1v-N7v), un mantra di protezione di Hanuman, e infine dallo Stavarāja (N8r-N8v), un «elogio del re», che serve da colofone a questa raccolta di testi. I tre testi sussidiari sono scritti in un alfabeto devanagari comune. Una annotazione parzialmente leggibile, datata al 29 agosto 1781, identifica il manoscritto come un «libro di preghiere di un brahmano» donato ad un proprietario non identificato «al momento della sua partenza dall'India» (V1r).
Online dal: 22.03.2018
Questo manoscritto non rilegato contiene uno dei testi più copiati della tradizione del ramo svetambara del giainismo, il Kalpasūtra, che era molto popolare in tutta l'India a partire dal XIV sec. Si tratta di una raccolta di storie della vita dei grandi Tirthamkara. Questo codice, copiato in alfabeto devanagari, inizia con la vita di Mahavira Jina e prosegue con le biografie di Parshvanatha e di Neminatha. Il testo è incompleto, i fogli mancanti (32, 85, 97, 103 et 125) che erano dipinti, devono essere stati venduti separatamente. Tuttavia i soggetti che contenevano possono essere ricostruiti grazie al confronto con dei manoscritti simili. Le pitture che si conservano ancora in questo esemplare (1v, 7r, 9v, 16v, 17v, 21r, 45v, 47v, 51r, 58r, 62v, 70r, 71v, 72v, 77v, 78r, 81v, 92r) rappresentano gli avvenimenti più importanti delle vite delle figure del Kalpasūtra. A partire dallo stile di queste miniature il manoscritto deve essere datato alla fine del XV secolo.
Online dal: 22.03.2018
Si tratta di un manoscritto del sec. XVIII contenente il testo chiamato Kedārakalpa, e nel quale si dice che dovrebbe costituire una parte del Nandīpurāṇa. Il manoscritto descrive e rappresenta nelle sue 61 raffinate miniature un pellegrinaggio religioso effettuato da un gruppo di yogi nell'Himalaya, nella regione di Kedarnath. Si tratta di un testo dello shivasimo, il cui dio principale è Shiva, e il cui scopo principale è quello di incitare le persone a compiere questo pellegrinaggio sacro agli shivaiti.
Online dal: 22.06.2017
Manoscritto composito scritto in alfabeto devanagari che denota l'influenza dello stile Kashmir; riunisce una serie di testi rituali che si occupano del culto di Viṣṇu. 1. (cc. 1_1r-1_6r) testi preparatori e rituali (senza un solo nome o titolo), a partire da un probabile insieme di pratiche rituali influenzate da Pāñcarātra, vale a dire nyāsas e dhyānas, cioè l'assegnazione di divinità e sillabe a varie parti del corpo e la visualizzazione della divinità principale. 2. (cc. 1_6r-1_149v) Bhagavadgīta: il testo principale di questa raccolta miscellane. La Bhagavadgītā («Canto del Signore» - Visnù/ Krishna), che fa parte del Mahābhārata, libro 6 a 18, è uno dei testi più copiati della tradizione indù, e questa parte dell'epica Mahābhārata sopravvive in un gran numero di manoscritti. 3. (cc. 2_1r-2_107v) copie di altre parti del Mahābhārata, Śāntiparvaṇ, tutte riferite a Visnù. 4. (cc. 3_1r-6_31v) 2 parti di Pāñcarātrika Sanatkumārasaṃhitā, che trattano degli elogi a Visnù, più dei mantra che includono (cc. 4_1r-4_21r) Pāṇḍavagītāstotra, (cc. 5_1r-5_20v) Gopālapaṭala, (cc. 6_1r-6_23r) Gopālalaghupaddhati e altri testi. 5. (cc. 7_1r-7_37v) Parti dei tantra, a. Saṃmohanatantra, che trattano l'elogio di Visnù, cioè Gopālasahasranāmastrotra; b. Gautamītantra, la parte chiamata Gopālastavarāja. 6. (cc. 8_1r-10_8r) due testi diversi: 1. Niṃbarkakavaca, che è una produzione del lignaggio di culto Nimbarka di Vaiṣṇavas. 2. Parte dei testi rituali di Sāmaveda, che trattano dei 5 saṃskāras, più vari mantra vedici, come Gāyatrī, nelle sue forme vaiṣṇava. 7. (cc. 11_1r-11_11v) parte del Bhaviṣyotarapurāṇa dedicata al culto delle pietre del fiume Gaṇḍakī (il nome comune è shaligram) correlate a Visnù. Il manoscritto contiene tre titoli miniati e 12 miniature, la maggior parte dei quali raffigurano Krishna. Secondo il colophon (cc. 11_11v-11_12r), il testo fu scritto nel Kashmir, in un monastero chiamato Ahalyamath, nel 1833 Saṃvat, cioè nel 1776 o 1777 d.C., da una persona chiamata Gaṇeśa[bhaṭṭa?]. Nandarāma. La seconda parte del colophon (parzialmente mancante), tuttavia, collega la storia del manoscritto a Vrindavan.
Online dal: 14.06.2018
Questo testo, intitolato Guhyaṣoḍhā , scritto da Śrīyogarāja (questo titolo onorifico significa «Glorioso re dello yoga»), si basa in parte su di un testo tantrico molto antico chiamato Rudrayāmal. Guhya[kālī]ṣoḍhā / Guhyaṣoḍha significa un tipo di testo contenente una sequenza di mantras che un tāntrika deve recitare per 'purificarsi' e il mantra che precede la recitazione del «mantra di base» (root-mantra) della divinità. Questo testo si colloca nel punto di incontro tra induismo e buddismo.
Online dal: 26.09.2017
Questo codice messicano, scritto in nahuatl, fa parte di un gruppo di codici designati con il nome di Codici Techialoyan. Proviene da Santa María de la Asunción Tepexoyuca, vicino al villaggio di San Martín Ocoyoacac, situato nella Valle de Toluca, Stato del Messico. Si tratta di un altepeamatl, "libro del villaggio", o tlalamatl, "libro di terre", che tramanda i confini del territorio tra il villaggio di Tepexoyuca ed i suoi vicini, e stabilisce la lista dei toponimi delle linee di confine. I firmatari del Codex sono otto personaggi chiave del villaggio a quell'epoca: tra questi don Esteban Axayacatl, "capitano", don Miguel Achcuey, "fiscale", e don Simón de Santa María, "mayordomo".
Online dal: 07.10.2013
Con Testeriano vengono denominati i manoscritti contenenti il Catechismo la cui scrittura in immagini viene attribuita al frate e missionario francescano Jacobo de Testera (XVI sec.). Già nel XII secolo in America centrale si era sviluppata una scrittura costituita da una mescolanza di ideogrammi, pittogrammi e simboli fonetici, i cui testimoni originali manoscritti vennero distrutti con la conquista spagnola nel XVI secolo. Per poter comunicare con la popolazione indigena i missionari cristiani ripresero in seguito il sistema, ma inventarono essi stessi la maggior parte dei simboli, dato che il loro scopo era quello di trasmettere i nuovi contenuti cristiani. In questo modo dunque tre teste coronate rappresentano la Trinità e quindi Dio, oppure due teste coronate con chiavi e spada gli apostoli Pietro e Paolo. Il manoscritto va letto da sinistra a destra sulle due pagine, mentre le varie parti sono suddivise tramite delle vignette decorative verticali. Il manoscritto contiene molte brevi preghiere (tra queste ff. 1v-2r Persignum, 2v-4r Ave Maria, 4v-8r Credo) e una lunga orazione (ff. 27v-35r) che rappresenta una ripetizione del dogma cristiano.
Online dal: 25.06.2015
Rappresentata per la prima volta il 27 aprile del 1784, la commedia La Folle Journée, ou Le Mariage de Figaro, viva satira della società dell'Ancien Régime e dei privilegi nobiliari, prefigurava lo scoppio della Rivoluzione francese, di cui senza dubbio partecipò all'avvenimento. Rappresentata su molte scene parigine dopo la caduta della monarchia nel 1792, essa vide tuttavia i suoi canti conclusivi modificati da Beaumarchais. Il finale completo del giudice balbuziente Don Gusman Brid'oison, che finiva nel 1784 con Tout fini-it par des chansons, si adattava alle difficoltà dell'epoca: Pour tromper sa maladie, / Il [il popolo] chantoit tout l'opera : / Dame ! il n'sait plus qu'ce p'tit air-là : / Ca ira, ça ira... Ma dopo la caduta di Robespierre e la reazione del termidoro, queste parole fecero nascere la gioventù moscardina, come le precedenti avevano fatto reagire i sanculotti. Essendo le rappresentazioni disturbate da questo pubblico turbolento, Beaumarchais affidò a La Rochelle, l'attore che rivestiva il ruolo di Brid'Oison, un finale alternativo, da recitare en cas de bruit. Questa variante, rimasta inedita fino alla sua recente pubblicazione, costituiva un elogio della libertà d'espressione e del sang froid de la raison contro gli stratagème delle cabbale ideologiche.
Online dal: 22.06.2017
A detta di Beethoven, si tratta della sua «œuvre la plus accomplie». Celebra l'intronizzazione, nel 1818, al seggio arcivescovile di Olmütz dell'arciduca Rodolfo, suo allievo e suo protettore. La Messa fu iniziata nel 1818 e terminata tre anni dopo la cerimonia e inviata al cardinale-arciduca il 19 marzo 1823. La Messe en ré intende esprimere e comunicare uno stato d'animo, una Stimmung religiosa, secondo le parole del compositore stesso. Scritta per una grande orchestra, comprende cinque ritmi (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei). Le divisioni del Gloria, imposte dal contenuto del testo, formano una sonata e una parte: allegro in re, Gratias in si bemolle, ritorno all'allegro; poi il larghetto e, come terzo movimento, l'allegro, Quoniam, la fuga, In gloria Dei Patris, con ritorno ciclico al tema del Gloria nel tono principale. La musica commenta il testo: acclamazione reale, gratitudine commossa, onnipotenza divina; poi, con contrasto: preghiera, piani e mormorio dei supplicanti di questo mondo (misere nobis). Comperato da Sotheby's, Londra, 4 febbraio 1952.
Online dal: 26.09.2017
In occasione dell'inizio del suo incarico di insegnamento di varie settimane presso la Reichs-Universität di Leida, il 5 maggio 1920 Albert Einstein tenne una lezione dal titolo “Aether und Relativitätstheorie”. Lo scritto, di proprio pugno, contiene molte correzioni e cancellazioni. Questa lezione venne pubblicata ancora nello stesso anno. Einstein tornò più volte in seguito a riflettere sui concetti esposti in questa lezione.
Online dal: 17.12.2015
Nonostante le apparenti cancellature, si tratta della versione finale di questo testo senza titolo, costituito da sei paragrafi su due fogli, rilegati in marocchino rosso. É stato prodotto da Flaubert al più tardi in occasione del suo viaggio in Oriente con il suo amico Maxime du Camp (1849-1851), nonostante sembri più probabile datarlo al momento del suo ritorno in Francia, nel 1851, momento nel quale egli consacra la sua vita alla scrittura. Conosciuto in seguito sotto il nome di Le Chant de la Courtisane, questo poema in prosa dal tono umoristico non è stato pubblicato da parte di Flaubert. Ciò nondimeno condensa le sue sfide nella scrittura: l'opera testimonia del fascino dell'autore per la cultura ed i paesaggi orientali che egli vorrebbe descrivere con uno spirito di realismo. Un diario di viaggio che raccoglie le sue osservazioni e sensazioni, nutrendo direttamente la sua opera di fantasia. Il lessico utilizzato rivela una certa erudizione e una preoccupazione di esattezza, un modo di fare che preannuncia Salammbô. Martin Bodmer ha acquistato questo manoscritto, proveniente dalla collezione Paul Voute (che ne aveva pubblicato un facsimile nel 1928), presso la Libraire Blaizot.
Online dal: 22.06.2017
Annunciato da Flaubert nella sua corrispondenza come un capitolo esplicativo di Salammbô, questo manoscritto è costituito da 28 fogli, tutti numerati ad eccezione dell'ultimo, che contiene delle annotazioni sugli dei. É conservato in una cartella dove Flaubert ha apposto il titolo dell'opera e una data, 1857, che corrisponde all'inizio della redazione di Salammbô. Il capitolo, invece, è posteriore al 1857: in effetti è stato concepito dopo una importante fase di documentazione necessaria al suo progetto, e un viaggio a Cartagine. Al suo ritorno, nel 1858, lo scrittore lavora su di un capitolo che costituirebbe «la description topographique et pittoresque de la susdite ville avec exposition du peuple qui l'habitait, y compris le costume, le gouvernement, la religion, les finances et le commerce, etc.» (lettera a J. Duplan, datata primo luglio 1858). Nonostante un certo numero di correzioni e di aggiunte marginali, si tratta della versione matura del testo che alla fine fu scartato dal romanzo, nonostante le informazioni vennero utilizzate in maniera sparsa nell'economia dell'opera. Questo capitolo rivela il metodo di lavoro dell'autore. Si caratterizza per la sua erudizione enciclopedica e per una cura del dettaglio che mettono in luce gli scopi originari all'origine della genesi di Salammbô: quello di ricostituire la città di Cartagine, allora scomparsa. Martin Bodmer ha acquistato il manoscritto nel novembre 1949 presso il libraio Blaizot.
Online dal: 22.06.2017
Il 25 ottobre ed il 15 dicembre del 1820 Jacob Grimm spediva questo manoscritto a Clemens Brentano. Si tratta della più antica versione manoscritta delle Kinder- und Hausmärchen, poiché i fratelli Grimm avevano coerentemente distrutto gli scritti preparatorii per le loro edizioni di favole, probabilmente per impedire un confronto tra le versioni manoscritte e la successiva versione a stampa, molto ritoccata e ridotta in veste letteraria (prima edizione 1812). Secondo l'analisi di Heinz Rölleke (Rölleke Heinz (Hg.), Die älteste Märchensammlung der Brüder Grimm. Synopse der handschriftlichen Urfassung von 1810 und der Erstdrucke von 1812, Cologny-Genève 1975) 25 favole furono scritte da Jacob Grimm, 14 da Wilhelm Grimm (in parte con aggiunte da parte del fratello) ed altre sette sono da attribuire ad quattro altri autori. Martin Bodmer ha acquisito questo manoscritto nel 1953 da Mary A. Benjamin a New York.
Online dal: 17.12.2015
Friedrich Hölderlin (1770-1843) apposa, au terme de ce poème autographe en deux strophes de quatre vers, intitulé Der Frühling, la signature “Mit Unterthänigkeit Scardanelli” ainsi que la date du 20 janvier 1756. Hölderlin, malade psychiquement depuis env. 1802, signait ses oeuvres avec des noms fantaisistes, parmi lesquels Scardanelli, et y ajoutait des dates inventées. Dans ce poème, la date fut corrigée par une autre main en 1843, attestant ainsi qu'il fut écrit peu avant la mort d'Hölderlin.
Online dal: 17.12.2015
Friedrich Hölderlin (1770-1843) appose al termine di questo racconto autografo in tre strofe da quattro versi dal titolo Der Herbst la data 15 novembre 1759. Hölderlin, che dal 1802 ca. era malato di mente, firmò le sue opere in parte con dei nomi di fantasia e vi appose delle date fantasiose. All'inizio del foglio si legge, di altra mano, " Autographie v Hölderlin " e la rettifica " Tübingen d 12 Juli 1842".
Online dal: 17.12.2015
Friedrich Hölderlin (1770-1843) appose al termine di questo racconto autografo in due strofe con quattro versi dal titolo Der Winter la firma “Mit Unterthänigkeit Scardanelli” e la data 24 aprile 1849. Hölderlin, che dal 1802 ca. era malato di mente, firmò le sue opere in parte con dei nomi di fantasia, tra i quali quello di Scardanelli e vi appose delle date fantasiose. In questa poesia la data venne corretta da un'altra mano in 7 novembre 1842.
Online dal: 17.12.2015
Questo celebre poema, verosimilmente composto il 6 settembre 1835, è incluso nella raccolta Les chants du crépuscule apparso nello stesso anno. Hugo vi denuncia la condizione delle prostitute utilizzando un registro patetico: in effetti ci invita a compatire, piuttosto che a disprezzare, quelle cadute nel ‘fango'. Questo lessico simbolico cui è stato tolto quel senso di colpa che abitualmente designa la sporcizia morale, è usato per esprimere il coraggio di quelle che hanno lungamente lottato contro la fatalità del ‘fardello' della miseria, prima di soccombervi. Lontano da un certo manicheismo moralizzatore, Hugo divide la colpa popolarmente attribuita a queste donne di «à toi, riche ! à ton or», sia puntando il dito contro l'ingiustizia del sistema sociale che manca di ripartizione delle ricchezze, che «à nous», a ogni cittadino, il cui sguardo non si nutre a sufficienza di carità. Il manoscritto contiene una piccola variante rispetto al testo a stampa poichè vi si legge: «s'y retenir longtemps de leurs mains épuisées», invece che «s'y cramponner longtemps».
Online dal: 26.09.2017
Questo racconto di Victor Hugo, senza firma, inizia con la frase “Si j'étais femme (Hélas ! que je vous plains, ô mères ! ...)“ e rimase inedito fino al 2009. Il titolo originale “Impératrice“ venne forse cancellato da Hugo stesso a causa della sua evidenza. Il testo è indirizzato infatti alla moglie di Napoleone III, Eugenia de Montijo, alla quale Hugo rimprovera la sua “bigoterie” (3r) e il suo “signe de croix grotesque à l'espagnole“ (1r). In questo modo egli allarga alla moglie la critica da lui già espressa a Napoleone III nei Châtiments. La datazione all'11 ottobre 1869, autografa, lascia supporre che il racconto sia stato scritto a Bruxelles, città nella quale Hugo soggiornò in esilio dal colpo di stato del 2 dicembre 1851.
Online dal: 17.12.2015
I sedici versi che compongono questo passaggio costituiscono la sesta e ultima parte del poema «Dans l'église de ***», inclusa nella raccolta Les chants du crépuscule del 1835. Ricca di molti argomenti che si intrecciano, il poema oppone la probità di una donna in preghiera nel cuore di una chiesa abbandonata agli amanti della citta, nichilisti che corrono «d'ivresses en ivresses». Hugo sorprende questa anima casta in piena sfortuna, intenta ad implorare l'aiuto del Signore che la salvi da una tristezza invadente. In quest'ultima parte (VI) lo scrittore arricchisce il suo sostegno cristiano (Votre âme qui bientôt fuira peut-être ailleurs / Vers les régions pures, / Et vous emportera plus loin que nos douleurs, Plus loin que nos murmures !) di un'ultima quartina angelica e serena: Soyez comme l'oiseau, posé pour un instant / Sur des rameaux trop frêles, / Qui sent ployer la branche et qui chante pourtant, / Sachant qu'il a des ailes !
Online dal: 26.09.2017
Negli anni intorno al 1820 Lamartine si lanciò in un ambizioso progetto poetico: Les Visions. Nonostante alcuni frammenti venissero pubblicati in Jocely (1836) o in La Chute d'un ange (1838), la maggior parte di questi versi rimasero inediti per trent'anni, ripresi, modificati e corretti instancabilmente dal poeta, fino alla pubblicazione definitiva avvenuta nel 1851. Questo manoscritto autografo del canto II contiene un passaggio di dieci versi rimasto per finire inedito (dei punti di sospensione segnano la collocazione nell'edizione originale).
Online dal: 17.12.2015
In questa lettera al suo giovane socio William H. Herndon (1818-1891), rimasto a capo del loro studio di avvocati di Chicago, il deputato whig Abraham Lincoln, sul punto di perdere il suo mandato al Congresso, tiene una lezione di filosofia politica. Affaticato da mesi di battaglie politiche contro la «guerra messicana», ferito dalle proposte di «exceedingly painful» tenute dal suo amico (che egli descrive come «a labourious, studious young man», il futuro presidente americano rilascia i suoi insegnamenti «so Lincolnian/così lincolniano»: «The way for a young man to rise is to improve himself every way he can, never supecting that any body wishes to hinder him».
Online dal: 26.09.2017
Quando il cardinale Richelieu, dal settembre 1627, inizò l'assedio a La Rochelle per terra e per mare, il poeta François de Malherbe, molto vicino al potere, riferì a suo cugino normanno le decisioni e gli orientamenti del consiglio reale per poter placare le sue inquietudini. Ai suoi occhi, non occorre preoccuparsi: il re d'Inghilterra non è che un monarca di secondo rango, incapace di misurarsi militarmente con la Francia per sostenere gli Ugonotti a La Rochelle. Quanto al pericolo della Riforma, egli viveva le sue ultime ore, poiché Malherbe stimava «que la Huguenoterie court fortune par toute l'Europe d'estre voisine de sa fin».
Online dal: 26.09.2017
Con i suoi sei romanzi e le sue celebri raccolte comprendenti più di 300 novelle, Guy de Maupassant (1850-1893) si è ritagliato un posto importante tra i principali autori francesi della fine del XIX secolo. Egli fornì spesso un sobrio ritratto della società sia provinciale che parigina del suo tempo, come in questa novella, la sola che abbia avuto una edizione originale separata, precedente alla sua pubblicazione nella raccolta eponima. Questo manoscritto fu utilizzato per la prima stampa del testo, apparso la prima volta in La Nouvelle Revue del 15 giugno 1887. Presenta numerose correzioni e cancellature (testimoni del lavoro di genesi della novella), così come delle leggere varianti rispetto alla versione pubblicata in volume il 28 marzo 1888.
Online dal: 17.12.2015
Michelangelo indirizzò questo sonetto ed il suo testo di dedica ad una delle sue più care amiche, la poetessa Vittoria Colonna (1492-1547), marchesa di Pescara. Il pittore, solitamente economo nell'uso della carta, utilizzò per apporre queste poche frasi un grande pezzo di carta in-folio, piegato in due e incollato (per creare uno spessore maggiore). Adottando una scrittura umanistica vicino alla calligrafia, egli si prese una cura particolare nella impaginazione, inserendo dei salti e dei rientri di riga che sottolineano l'architettura solita del sonetto. Il tono è tra i più rispettosi: Michelangelo saluta sì un'amica ma anche una grande signora che gli ha appena fatto un grande regalo. Questo dono, che avrebbe dovuto portare il suo destinatario "in paradiso", era senza dubbio il manoscritto dei Sonetti spirituali della poetessa (che in generale si mostrava molto discreta e restìa nel mostrare i suoi versi).
Online dal: 17.12.2015